Lettera Pastorale di Commiato dall’Arcidiocesi

Autorità, confratelli, fedeli,
sto per lasciare, dopo oltre quarantun’anni l’Arcivescovado di Genova. Sono un Padre che per dovere lascia tutta la sua famiglia. Con che cuore lo potete pensare voi: non occorre mi dilunghi.
Per la grazia del Signore resto in Genova e continuerò ad amare la mia terra, a vivere (anche nell’ombra) per essa, a pregare perché sia benedetta continuando la gloriosa operatività che l’ha fatta grande nei millenni.
Alle Autorità tutte il mio reverente e grato saluto. Siamo sempre vissuti nel reciproco sereno rispetto, anzi nella cordialità sincera e ne porto con me ricordi cari e indelebili. Le ringrazio per le attenzioni che sempre mi hanno usato. Dio compensi!
A voi confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, lasciate io dica la verità: se ho potuto fare qualcosa lo debbo alla vostra collabora¬zione e qui il mio grazie deve raggiungere il Paradiso, ove ormai credo siano i più. Il capitano può andare avanti con audacia e sicurezza invitta quan¬do sa che ha dietro la compagnia obbediente e fedele. Forse non sanno quanto al capitano, con la loro attiva e fedele presenza, molti¬plicano tutte le possibilità. Abbiamo insieme percorso tutta un’epoca in evoluzione profonda ed ho la mia impressione che, con la grazia di Dio, non abbiamo perduto la corsa.
Altre questioni incombono; ma ho la ferma e serena fiducia che se darete la vostra opera, come l’avete data a me, risolverete tutto. Il tempo non si ferma e non bisogna credere che si addormenti.
Abbiamo mantenuto una linea, che si è sempre ispirata ai miei grandi antecessori e non ci siamo lasciati incantare mai da coloro che avrebbero ormai preteso di vedere un mondo da sferico divenuto piatto. Molti credono di andare avanti e in realtà vanno indietro. Le strade del lassismo, non portano mai avanti perché soggiaciamo alla legge del vortice come le tempeste di alta montagna: si gira tondo; si crede di camminare e si è sempre allo stesso punto, facilmente mor¬tale.
Le sorgenti della forza morale sono le stesse della santità. Nelle cose essenziali non cambiate la rotta. Abbiate paura di spogliare il culto dovuto al Signore, non credia¬tevi intelligenti quando spogliate e riducete le cose di Dio al livello delle capanne di montagna, fatte per essere rifugio delle bestie e qual¬che volta ai cristiani
La obbedienza vera vi salverà da tutti i mali passati e datela al mio degno Successore come l’avete data a me ed anche più di quanto l’avete data a me. Ho voluto bene a tutti voi senza eccezioni e finché vivrò vi porterò nel cuore.
Cari fedeli! Mi avete visto dappertutto. Sono entrato in tante vo¬stre case. Ho visto tanti vostri malati, anche là dove non c’erano ascensori. Ho vissuto con voi momenti difficili ed anche tragici. Ho pregato con voi. Non ho disprezzato nessuno, non ho crediti. Ho insegnato solo vie che, magari indirettamente, portano alla Vita Eterna. Tutto finirà là.
Le vie che vi si offrono con tanta facilità possono ingannarvi e l’amico più sicuro di tutti è Dio. Ci ha lasciato una madre, che è la Madre del Signore e che noi incontriamo soprattutto sul Monte della Guardia. Abbiamo un mirabile patrimonio d’arte che fa vivere ancora i nostri Padri e che costituisce un fermo richiamo alle vostre co¬scienze.
Come posso dimenticare tutti i collaboratori dell’apostolato? Ne rivedo tanti che hanno già raggiunto il premio eterno e nella mia memoria rimangono impressi i molti che mi furono discepoli!
Come dimenticare voi Religiosi tutti coi quali è rimasta serena, insostituibile e preziosa la collaborazione? Non dimentico voi, fami¬glie ed Istituti sorti qui durante il mio Episcopato. Dio vi conservi e vi moltiplichi.
Lascia la mia grande e stupenda Chiesa Metropolitana dove spero e prego che mai si inaridisca il culto a Dio solenne e profondo. Se piacerà a Dio, vi ritornerò per sempre ad attendere l’ultimo dei giorni.
Cuore, preghiera pensiero, desiderio rimangono per voi nella di¬screzione del nuovo mio stato e ben sapendo che, anche se mi attende il silenzio e la dimenticanza, tutti ci ritroveremo dove non sopravvivono né l’uno né l’altra e dove non mi mancherà la affettuosa pazien¬za di attendervi per sempre.
Alla benedizione munifica di Dio, alla Protezione della Santissima Vergine, ai nostri Santi Patroni, anche a quelli non conosciuti, che sono innumerevoli, con serenità e fiducia io vi affido.

Genova, 7 ottobre 1987

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